martedì 29 novembre 2011

Tramonto

Nei Paesi evoluti...


Lo Stalinuccio di Gallipoli, lo stratega di alcune delle maggiori vittorie elettorali di Berlusconi, il fondatore di una Fondazione riluttante a dare conto di come si finanzia (si veda la polemica con Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nel luglio scorso http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/07/on-pres-massimo-d%E2%80%99alema-sara-un-caso-ma/143663/ e http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/08/“io-corretto-parlare-di-miei-fedelissimi-e-diffamatorio”/143924/), Massimo D’Alema, ieri si è beccato un meritato morso dal Bobtail.
«Nei Paesi evoluti non si protesta contro la Casta, ma contro Wall Street». Leggetevi il commento del mastino dal muso pacioso su queste belle (si fa per dire) parole (http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/28/Prima_tagli_alla_politica_poi_co_8_111128001.shtml). E anche le considerazioni che spiegano perché, prima di pretendere ancora nuovi sforzi dai cittadini, i politici debbano mettersi in mente di condividere i sacrifici necessari per risanare il Paese.
Buona stampa.
Io mi permetterei di aggiungere solo poche osservazioni a quelle di Stella.
Nel parlare di diritti acquisiti, io avrei anche sottolineato che non esistono soltanto quelli relativi a pensioni e simili.
A me pare che in uno stato democratico, nel quale vige un contratto tra cittadini e governanti, i primi hanno il diritto di vedere il bene comune amministrato correttamente, hanno il diritto di aspettarsi che, in situazioni analoghe, tutti siano trattati dalla legge secondo equità, hanno il diritto di pretendere che il futuro della nazione non venga esposto a rischi gravissimi anche per effetto della sfacciata avidità, oltre che dell’inettitudine, di chi dovrebbe appunto farsi carico della corretta gestione del Paese.
O mi sbaglio? Vuoi vedere che ha ragione D’Alema? E già, noi italiani siamo degli ottusi retrogradi, incapaci di crescere e maturare, insomma, di evolvere (evoluti credo sia ancora il participio passato del verbo evolvere) come gli americani che protestano contro i banchieri e non contro i politici. E già, è giusto protestare contro i banchieri americani, che sono troppo pagati e che fanno male il loro mestiere e che con le loro speculazioni espongono il paese a rischi di nuove disastrose crisi finanziarie. Eppure… eppure c’è qualcosa che non torna… I politici italiani non sono i più pagati del mondo? Il sistema politico italiano non è quello che pesa maggiormente sul bilancio dello stato? I privilegi di cui godono parlamentari, consiglieri regionali, ecc. non sono incredibilmente superiori a quelli di cui godono i loro colleghi francesi o tedeschi? Il nostro Parlamento non è quello che svolge il proprio mestiere di gran lunga meno efficacemente rispetto a quelli dei principali paese europei? Certo, anche i banchieri italiani hanno combinato qualche guaio (e magari ne parleremo nei prossimi giorni), ma da queste parti il pericolo non sta in banca, ma nel Palazzo, dove il nostro diritto acquisito a vedere gestito correttamente il bene pubblico è stato massacrato ogni giorno per anni.

lunedì 28 novembre 2011

Contributi all'editoria 2


Ancora sui contributi all'editoria. Oggi ne vediamo tre categorie, pure queste individuate dall’art. 3 della Legge 250/1990.
Il primo gruppo, il più consistente, è quello dei “Contributi per quotidiani editi da imprese la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali”, comma 2 bis dell’articolo. Il totale erogato a questo raggruppamento per il 2009 è stato di € 41.929.348,01.
La parte del leone la fa Avvenire, il quotidiano riferibile alla Conferenza Episcopale Italiana, che ha ricevuto 5.871.082,04 euro, ossia il 14% dell’intera somma destinata a questo raggruppamento.
Al secondo posto, troviamo Italia Oggi, testata di proprietà della Italia Oggi Editoriale Erinne S.r.l. di Milano: il contributo è stato di € 5.263.728,72 (12,55%). Qualche perplessità suscita il fatto che, pur apparendo riconducibile sotto il profilo proprietario alla suddetta società, il quotidiano risulta inserito nell’ambito del Gruppo Class, editore di numerose testate e anche di un canale televisivo, Class CNBC: una situazione di incertezza che, mi ripeto, si potrebbe evitare se il dossier predisposto dalla Presidenza del Consiglio offrisse informazioni più ampie e dettagliate.
Meritano di essere menzionati anche Conquiste del Lavoro (quotidiano del sindacato CISL – € 3.289.851,60, pari al 7,84%), la Discussione (testata fondata da Alcide De Gasperi – 2.530.638,81 euro, ossia il 6,03%) e Scuola SNALS (quotidiano di uno dei maggiori sindacati autonomi degli insegnanti – € 1.716.689,68, pari al 4,09%).
I restanti contributi sono andati a testate di carattere locale. Tra queste, va citata Cronaca Qui.it di Torino perché, nella edizione on line, informa di sostenere la lotta ai privilegi della Casta. Vien da chiedersi se lo faccia nella speranza che un eventuale taglio ai costi della politica renda disponibili risorse per aumentare i contributi all’editoria: la loro fetta attuale, comunque, è già la discreta sommetta di € 3.667.396,28, ovvero l’8,74% di questa categoria (http://www.cronacaqui.it/cronaca/20200_sforbiciamo-i-costi-della-politica-aderisci-alla-campagna-contro-i-privilegi-della-casta.html).
Mala stampa.
Venendo alle due categorie successive, quella dei “Contributi per quotidiani italiani editi e diffusi all’estero” e quella dei “Contributi per quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle Regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige”, non credo ci sia molto da dire, salvo che, per come la vedo io, mi sembrano le due categorie più meritevoli di un sostegno pubblico. Il primo gruppo percepisce nel complesso 4.594.527,84 euro, il secondo 5.366.460,59, anche se una parte viene erogata in base ad una diversa disposizione di legge (art. 3 Legge 278/1991). Per quel che riguarda i quotidiani pubblicati all’estero, appare abbastanza sorprendente che i contributi maggiori vadano a testate del Nord America e dell’Australia, mentre quelle del Sud America (Gente d’Italia e Voce d’Italia) ricevono somme assai inferiori, quindi con una distribuzione che non riflette quella della popolazione di origine italiana nelle tre aree interessate.
Nei prossimi giorni ritorneremo sul dossier, siamo appena a metà lavoro.

domenica 27 novembre 2011

Numeri


Ieri, sul Sole 24 Ore, in un fondo lucido e deciso, il direttore Roberto Napoletano (ottimi questi Roberto) invitava il Presidente del Consiglio a non indugiare e a procedere rapidamente con le misure indispensabili per mettere in sicurezza l’economia italiana, così da invertire la rotta dei tassi di interesse sul debito pubblico e riavviare la crescita (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-26/ritardo-casa-professore-081018.shtml?uuid=AaoCQnOE&fromSearch).
Buona stampa.
Condivido gran parte degli argomenti di Napoletano e concordo con lui sulla necessità che l’azione del Governo Monti sia rapida e incisiva, ma sospetto che il Presidente del Consiglio venga frenato da due elementi tutt’altro che trascurabili, assenti nel fondo del 24 Ore, entrambi piuttosto pesanti.
Il primo è che, temo, i conti lasciati in eredità da TreMonti al suo successore fratto 3 non siano poi così in sicurezza come il precedente Ministro dell’Economia ha affermato fino all’ultimo.
Secondariamente, i partiti politici non sembrano tanto fermi nel voler sostenere l’azione del Governo.
Credo, e ritengo che il mio più autorevole omonimo direttore la possa pensare come me, che il Presidente del Consiglio abbia ben chiare le azioni da intraprendere. Anzi, sono persuaso le avesse ben chiare in mente anche prima di ottenere la fiducia del Parlamento. Il punto, però, sono i numeri: quelli della manovra correttiva necessaria per rimettere in linea i conti dello stato e per riavviare un minimo di crescita dell’economia e quelli dei parlamentari disposti ad approvare i provvedimenti legislativi che il Governo predisporrà. Sbaglierò, ma Monti non è sicuro né dei primi né dei secondi.

venerdì 25 novembre 2011

Si lavora per il nuovo raccolto

Contributi all'editoria


Oggi torniamo da dove eravamo partiti e guardiamo che fine fa una parte dei soldi che lo Stato raccoglie attraverso le imposte.
Sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri c’è un dossier dedicato ai contributi che vengono erogati all’editoria. Guarderemo, per ora, solo alla carta stampata e sarà, comunque, un lavoro che richiederà più post, altrimenti annoierei a morte, persino più del solito. Il link arriva dopo, devo fare qualche osservazione di carattere generale.
Prima osservazione: gli ultimi resi disponibili sono i dati relativi ai contributi maturati nell’anno 2009 e versati ai beneficiari nel 2010 e, come potrete vedere se scaricate le tabelle, sono aggiornati al Giugno di quest’anno (e se ben ricordo, sono stati effettivamente messi on line dopo l'estate). Niente male come tempestività. Seconda osservazione: abbiamo la bellezza di otto categorie di contributi, derivanti da più norme diverse. Essendo stato, mio malgrado, contemporaneo di Andreotti per tutta la vita, ho imparato che a pensar male… Penso male: quante più sono le leggi che regolano una determinata materia, tante più sono le zone oscure e ambigue, nelle quali o prosperano figure poco raccomandabili o si creano posizioni di vantaggio non casuali.
In terzo luogo, per come sono predisposte, le tabelle non favoriscono certamente la possibilità di comprendere i dati con immediatezza. Per sapere, ad esempio, quanto è stato erogato in base a ogni singola norma, dobbiamo fare la somma da soli, il Governo, infatti, ritiene inutile mostrare il totale. E ancora: vengono sì forniti ragione sociale dell'editore e nome della testata, ma non si indicano né l’indirizzo né altre informazioni sull’editore (eventuale sito, mail, ecc.), che potrebbero consentire di comprendere meglio di chi si tratta. Infine, noioso dettaglio tecnico frutto della pignoleria, poiché si tratta di file pdf, non è neppure possibile trasferire i dati rapidamente in un foglio elettronico per rielaborarli. Siamo nel 2011, possibile che la Presidenza del Consiglio, che sicuramente spende qualche euro in consulenze informatiche, non riesca a presentare le informazioni in maniera più completa e fruibile? E stendiamo un velo pietoso su impaginazione e aspetto…
Ci limitiamo alla prima tabella, quella relativa ai quotidiani editi da cooperative di giornalisti (Art. 3 comma 2 Legge 250/1990). Il totale, sempre che abbia fatto la somma correttamente, è pari a € 44.659.268,85. Stiamo parlando di una sola delle otto categorie.
Il quotidiano che riceve il contributo più alto è Il Manifesto, 3.745.345,44 euro, ossia l’8,38% del totale. Un quotidiano di cui si è parlato di recente, soprattutto per le vicende del suo direttore (ex), L’Avanti, ha ricevuto 2.530.640,81 (5,66%, secondo contributo in valore assoluto). Niente male “Valterino”! Oltre a queste due testate, ce n’è soltanto un’altra che, in qualche misura, ha una connotazione politica: Rinascita, che ha percepito 2.489.261,37 euro, il 5,57%.
La maggior parte dei restanti quotidiani hanno carattere locale e sembrano abbastanza uniformemente distribuiti sul territorio nazionale.
La sola particolarità è il Romanista, € 938.811,65 (2,1%), quotidiano della tifoseria della squadra giallorossa. Qualche dubbio sul fatto che meriti di essere finanziato con soldi pubblici lo nutro. E non sono il solo. Anche il Giornale ha perplessità su questo punto (http://www.ilgiornale.it/interni/il_foglio_giallorosso_spilla_italiani_milione_euro/07-10-2011/articolo-id=550329-page=0-comments=1)
Buona stampa.
Mi fermo qui, l’argomento è corposo e richiede un certo lavoro. Come ho detto, lo diluirò in più post. E anche le valutazioni complessive le faremo più avanti.

giovedì 24 novembre 2011

Morde, eccome se morde


L’articolo di Stella di cui vi avevo fornito il link ieri ha provocato una polemica non priva di qualche ruvidezza (l’ho detto, sembra un cane mansueto, ma sa come usare i denti) e mi sembra corretto fornire i riferimenti per leggere la replica dell’interessata e la controreplica (http://www.corriere.it/politica/11_novembre_24/controreplica-biancofiore-a-stella_390ad432-162b-11e1-abcc-e3bae570f188.shtml e http://www.corriere.it/politica/11_novembre_24/controreplica-stella-a-biancofiore_fcc59bfe-1627-11e1-abcc-e3bae570f188.shtml). Lascio che ognuno si faccia la propria opinione, ma, siccome sono un po' pignolo, ricordo che nel 2003 l'iPad era forse soltanto un'idea nella mente di Steve Jobs.
Io mantengo le promesse: ecco i link ai pezzi di ieri di Rizzo, che parla del caso Finmeccanica (http://www.corriere.it/editoriali/11_novembre_23/favori-a-pochi-danni-per-tutti-sergio-rizzo_164ffecc-159a-11e1-abcc-e3bae570f188.shtml), e di Stella, dedicato al tema della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia (http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/23/Quando_Bossi_sbarco_America_co_8_111123026.shtml).
Buona stampa.

mercoledì 23 novembre 2011

I mastini


Oggi sono in vena di sperperare. Tre post. Due e mezzo, considerando che il secondo sono foto, ma non posso proprio farne a meno. Sul Corriere di oggi sono tornati i mastini: un pezzo di Rizzo e ben due di Stella, ma segnalo il link di uno solo (http://www.corriere.it/politica/11_novembre_23/bianciofiore-stella_a4f47c3a-1599-11e1-abcc-e3bae570f188.shtml). Capirete immediatamente perché ho scelto proprio questo: impossibile resistere! E adesso divago un po’ (pò?).
Prima divagazione. Nella fisionomia di Sergio Rizzo, in effetti, qualcosa del molossoide volendo si potrebbe anche trovare, ma Gian Antonio Stella ha un’aria paciosa da Bobtail, che forse lo rende più pericoloso, perché non ci si aspetta che morda come morde…
Seconda divagazione. Ho deciso di dare il link solo di uno degli articoli (gli altri due ve li dovete cercare o vi dovete comperare il quotidiano) perché, se è vero che anche il passaggio sul web fa guadagnare qualche centesimo al Corriere della Sera, mi pare opportuno non disincentivare l’acquisto in edicola, anche per non dare un dispiacere a Ferruccio De Bortoli, che stimo molto sul piano professionale e che considero un ottimo direttore (anche se mi sono permesso di sostenere il contrario in un momento di irritazione). Sul piano personale ne apprezzo, in particolare, i modi cortesi e la compostezza, merci rare di questi tempi. Se proprio devo trovargli un difetto, mi pare un po’ trascurato nell’acconciatura: mi è capitato di vederlo alcune volte in televisione con uno, forse addirittura due capelli in disordine. Se mai leggerà queste righe, spero che non se ne abbia a male, ma penso che, siccome è intelligente, ne sorriderà.
Buona stampa.
P.S. I link degli altri due articoli li indicherò domani.

Però è una bella giornata

Pastori e greggi


Politici convinti che governare sia lanciare proclami. Chiudevo così il post di lunedì.
Non è un male soltanto italiano, ma se c’è un proverbio che mi è sempre sembrato poco convincente è “mal comune mezzo gaudio”: in qualche misura pare favorire una mentalità rinunciataria e, aspetto direi molto italiano, esprimere la tendenza a preferire che qualcosa ci vada un po’ storto purché non vada bene neppure al vicino.
Quando poi si considera quanto siano forti le relazioni tra stati e quanto queste relazioni possano contribuire a trasmettere da una nazione all’altra gli effetti di decisioni politiche ed economiche, direi che il proverbio merita di essere messo definitivamente da parte. E che dobbiamo preoccuparci per come la politica sta abdicando al suo compito un po’ ovunque e come questa rinuncia moltiplichi i pericoli di una situazione di crisi senza precedenti come quella che stiamo vivendo.
Vediamo un paio di esempi, i più recenti: il Belgio, che rimane senza governo da oltre 500 giorni (su Repubblica di lunedì http://www.repubblica.it/esteri/2011/11/21/news/belgio_di_rupo_rinuncia_il_paese_ancora_senza_governo-25371269/ e ieri sul Corriere http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/22/agonia_infinita_del_Belgio_Rupo_co_9_111122010.shtml), e gli Stati Uniti, dove da mesi non si riesce a individuare quali misure adottare per rimettere ordine nel bilancio federale (La Stampa lunedì http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/430979/ e il Corriere ieri http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/22/Naufraga_supercomitato_sul_deficit_America_co_8_111122017.shtml).
Buona stampa.
L’elemento comune alle due vicende lo vedo nel fatto che i politici non riescono a produrre il risultato auspicabile (formazione di un governo e sistemazione dei conti nazionali) per il timore che la decisione possa ledere qualche interesse della loro base elettorale e, quindi, tradursi, alle prime elezioni, in una sconfitta. Che è poi esattamente la ragione che sta impedendo di affrontare in maniera decisa il problema dei debiti sovrani nell’ambito dell’Unione Europea (su questo specifico punto, in particolare riguardo a Sarkozy, ottima Cerretelli sul Sole 24 Ore di ieri http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-22/guai-monti-italia-fanno-063552.shtml?uuid=AaFXyVNE&fromSearch) e che, per mesi prima che si risolvesse a passare la mano, ha trattenuto il Governo Berlusconi dall’assumere alcune delle misure drastiche indicate dalla BCE per fronteggiare le ragioni interne delle nostre difficoltà finanziarie.
Buona stampa.
Se andiamo sulla Treccani on line (http://www.treccani.it/enciclopedia/leadership/) troviamo la seguente definizione della parola inglese leadership: Funzione e attività di guida, sia con riferimento a individui od organi collegiali in quanto dirigano un gruppo o un'impresa sia, in senso politico-sociale, con riferimento a un partito o a uno Stato. Nell'ambito dei processi di socializzazione secondaria, designa il potere d'influenza riconosciuto al membro di un gruppo, capace di condizionare le decisioni degli appartenenti.
Siamo sicuri che non prendere decisioni perché preoccupati delle conseguenze elettorali delle medesime dimostri capacità di leadership? Funzione e attività di guida… I pastori, purtroppo, ormai vanno dietro al gregge.

martedì 22 novembre 2011

Per Elena

Oggi soltanto alcune parole e Somewhere Over The Rainbow di Keith Jarrett per una ragazza che ci ha lasciato.

Non importa se credi
o non credi.
Credi nell'amore,
nel perdono, 
nella vita.
Gioisci di ogni istante,
vivilo come un dono e,
ama

lunedì 21 novembre 2011

Non strillate, non vi ascoltiamo più


Questa mattina, nel corso di Prima Pagina, ottima trasmissione di Rai Radio 3 (per ascoltarla in podcast: http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-546fce50-63a7-4a3a-a677-c01b234511bd-podcast.html), un ascoltatore, mi pare si chiamasse Sandro, ha lamentato il fatto che il Presidente della Camera avesse annunciato il taglio dei privilegi degli ex-parlamentari. Sandro la considerava l’ennesima promessa destinata a restare tale, era arrabbiato ed era assolutamente nel giusto: non se ne può più di questo modo di fare.
Non se ne può più del fatto che anche figure istituzionali di altissimo rango si sentano autorizzate a lanciare proclami con la sicurezza che, qualsiasi cosa affermino, difficilmente saranno chiamati a risponderne e che, quindi, potranno guadagnarsi qualche minuto di attenzione a costo zero.
La volontà di sfuggire alle proprie responsabilità non è un’attitudine propria soltanto della classe politica. In realtà, purtroppo, essa si ritrova, e sembra rafforzarsi, in gran parte della popolazione e va dai livelli più banali a quelli più gravi e sconcertanti. Con effetti non di rado paradossali, come spesso riusciamo a fare in Italia. Si pensi ai genitori che aggrediscono gli insegnanti che danno un voto negativo ai figli. Oppure consideriamo le multe per eccesso di velocità inflitte con l’ausilio di apparecchiature più o meno dissimulate. Qui vado sul puntiglioso, è un mio chiodo fisso. Si sostiene, anche da parte di riviste specializzate non prive di autorevolezza, che non si deve reprimere, bensì prevenire e che le amministrazioni locali non possono utilizzare le violazioni del codice della strada per fare cassa. Mentre l’ultima osservazione è del tutto condivisibile, la prima mi lascia molto perplesso. Con la stessa logica, infatti, mi sembra che si dovrebbe rinunciare a perseguire i ladri e gli assassini: se le forze dell’ordine, per il solo fatto di esistere, non riescono a impedire che ci siano rapine e omicidi, se, dunque, non riescono a prevenirli, si dovrebbero astenere dall’arrestare coloro che abbiano commesso reati.
Muoversi in auto nel nostro paese è il modo migliore per verificare quale sia il senso d’impunità degli italiani. Lasciamo perdere…
Tornando ai politici, la loro convinzione di non dover rispondere di quel che dicono è senz’altro rafforzata dal fatto che gli organi d’informazione hanno, in larga misura, rinunciato a richiamarli alle loro responsabilità.
Penso che siano venuti diffusamente a mancare, nel rapporto con il politico, due essenziali requisiti del buon giornalista: la memoria e la capacità di porre quella che chiamerò “seconda domanda” (non è una mia definizione, so di averla memorizzata, ma non riesco a ricordare a chi vada accreditata e me ne scuso).
Per memoria intendo la capacità (la volontà?) di ricordare: l’accezione più ovvia, integrata dalla raccolta della documentazione necessaria per mantenere vivi i ricordi.
La “seconda domanda” è quella che un giornalista dovrebbe porre durante un’intervista o un dibattito quando la risposta alla “prima” è stata insoddisfacente, reticente o, comunque, tale da imporre un approfondimento.
Se hanno di fronte a loro interlocutori privi di memoria (o inclini a non servirsene) e poco o per nulla propensi a porre la “seconda domanda”, è del tutto ovvio che i politici si sentano maggiormente stimolati a rivolgersi a cittadini con proclami e slogan, anche i più sconsiderati, senza doversi preoccupare troppo delle conseguenze, anzi, con la certezza che la faranno franca.
Se vi capita di guardare un talk show, vi renderete conto che sono ben poche le occasioni in cui i conduttori e i giornalisti ospiti si azzardano a contraddire i politici che fanno lunghe e inconcludenti orazioni (spesso alzando la voce), affidandosi alle repliche degli esponenti di parte avversa, i quali si producono in arringhe del tutto simili (spesso alzando la voce).
Se leggete le interviste sulla carta stampata, vedrete come sia assai infrequente che all’intervistato, dopo una risposta elusiva, venga posta una domanda stringente alla quale non possa sfuggire.
Viene da pensare che sia tutta una messinscena, una rappresentazione ben studiata e concordata o ripetuta ormai tante volte da non richiedere più neppure un canovaccio. Così si finisce per sentire persone cadere in contraddizione a distanza di pochi minuti o sostenere il contrario di quanto sostenevano qualche mese prima. Anticipo l’obiezione e concordo in linea di principio: nessuno può essere crocefisso alle opinioni maturate ed espresse in passato. Esistono, però, argomenti a proposito dei quali la coerenza non è mai opzionale e a maggior ragione non può esserlo a distanza di poche ore o di pochi minuti o anche di qualche mese. Ci sono aspetti della vita pubblica e dell’agire politico riguardo ai quali la coerenza è indispensabile, irrinunciabile.
Ripeto, non è facile, specie nel corso di una trasmissione televisiva o radiofonica, essere pronti a mettere un politico di fronte alle proprie responsabilità, ma dobbiamo pretendere che i giornalisti si diano da fare, soprattutto quelli che, oltre al prestigio, hanno raggiunto anche retribuzioni di un livello tutt’altro che trascurabile. Non possiamo più accettare che i politici ci prendano per i fondelli e che ciò accada con la complicità o con l’accondiscendenza di chi, istituzionalmente, ha il compito di difendere il nostro diritto a essere informati correttamente e a non essere menati per il naso.
C’è una massima, comunemente attribuita ad Abramo Lincoln, che mi piace. La riporto in inglese e in italiano.
“You can fool some of the people all of the time, and all of the people some of the time, but you can not fool all of the people all of the time. Puoi prendere in giro qualcuno sempre e puoi prendere in giro tutti qualche volta, ma non puoi prendere in giro tutti sempre.”
Se anche il migliore giornalismo italiano non ritrova il coraggio per porre la “seconda domanda” e non decide di far funzionare la memoria, la verità di Abramo Lincoln cesserà di essere tale. E ci dovremo tenere politici che le sparano grosse e convinti che questo voglia dire governare.

domenica 20 novembre 2011

In barca non si litiga


Oggi avrei inteso affrontare l’argomento dell’informazione in generale, ma tra pagine stampate e pagine web, purtroppo, devo cambiare programma.
F&F hanno il difetto comune di un atteggiamento tracotante, che, lo ammetto, non alimenta in me simpatia. Qualcuno dirà che sono altre le loro vere mancanze, può darsi, ma a me, adesso, interessa poco: se vogliamo parlare di partigianeria, allora voglio sottolineare come ce ne sia in abbondanza in tutti i giornali dei due principali schieramenti politici. Come mi sembrano dimostrare gli articoli di Travaglio (e di altri) sul Fatto Quotidiano. Mi piacerebbe rinviare a quello odierno di Travaglio, purtroppo il link ancora non è disponibile, rimando a quello del 15 Novembre (http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/15/niente-festa-siam-cazzulli/170587/).
Feltri, Ferrara e Travaglio, oltre a condividere, a mio parere, modi esageratamente aggressivi e sprezzanti, sono giornalisti tra i più popolari nel gruppo di quelli che lavorano in testate che non nascondono da che parte stanno (e la sostengono apertamente). Sono tutti e tre professionisti di valore, pure meritano un giudizio negativo, soprattutto in questa fase: siamo in un bel mare di guai e mi sembra che sia più importante cercare di venirne fuori rapidamente e senza farci troppo male piuttosto che litigare per decidere quale, tra i timonieri del recente e remoto passato, abbia maggiormente contribuito a portarci fin qua. Di questo si occuperanno altri, possibilmente posteri e possibilmente imparziali. E in ogni caso con una mentalità da tifosi e senza volontà di analizzare onestamente le responsabilità della propria parte non si va molto lontano. Certamente non fuori dalla crisi in cui ci troviamo.
Mala stampa.

sabato 19 novembre 2011

E dopo?


Con la fiducia delle Camere il Governo Monti ha acquisito la pienezza dei poteri. Possiamo rallegrarci, ma restano ancora molti motivi d’inquietudine.
L’analisi di Michele Salvati sul Corriere della Sera è molto lucida (http://www.corriere.it/editoriali/11_novembre_19/salvati_scomode_verita_0bf18ece-1279-11e1-b297-12e8887ffed4.shtml) e mette in evidenza i principali problemi interni e internazionali con cui dovrà misurarsi il Presidente del Consiglio.
Buona stampa.
Vedo, però, un ampio territorio, rimasto quasi inesplorato da Salvati, da dove, spero di sbagliare, arriveranno i maggiori pericoli per il futuro meno immediato. Cosa succederà quando, mi auguro nella primavera del 2013, si concluderà la fase avviatasi nei giorni scorsi?
Senza giri di parole: il mio timore è che, in assenza di correttivi anche radicali, la classe politica (di entrambi gli schieramenti) sarà la stessa che ci ha portato al baratro e che permarranno alcune delle condizioni di cui si è nutrito il malcostume che ha giocato un ruolo niente affatto trascurabile nel degrado finanziario del nostro paese.
Mentre scrivo, il principale gruppo industriale controllato dal Tesoro, Finmeccanica, si trova al centro di un’azione giudiziaria che riporta in evidenza gravi interferenze politiche e scelte manageriali inquinate da relazioni improprie con l’ambiente degli affaristi e dei faccendieri che da anni prospera all’ombra della politica nazionale e locale. Una vicenda non diversa, anche se più ridotta per dimensioni e per caratura delle imprese coinvolte, viene a galla grazie alle indagini originate dalle condizioni fallimentari del gruppo nato attorno all’Ospedale San Raffaele di Milano.
Sono due casi, ma altri se ne potrebbero citare. L’Italia ha da anni un malanno grave, ma il malaffare non sembra soffrire affatto, anzi: una parte cospicua del debito pubblico, anche di recente, è stata originata dalla corruzione. E gli stagni limacciosi ai confini tra affari e politica sono ancora tutti lì in attesa di una bonifica che, necessariamente, non verrà mai fatta se non si rigenera la classe dirigente, in particolare quella politica.
Due misure, tra le tante che andrebbero prese, a me paiono particolarmente efficaci per realizzare questa bonifica: ridurre allo stretto indispensabile il numero delle imprese e dei beni detenuti da enti pubblici (a livello centrale e locale) e introdurre forme di tracciabilità dei pagamenti più rigorose di quelle in vigore attualmente.
Sul secondo punto, ottimo il recente pezzo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/11_novembre_12/fine-del-sommerso_099fe7d6-0d3f-11e1-a42a-1562b6741916.shtml).
Buona stampa.
Le privatizzazioni sono indubbiamente assai più complicate da realizzare, richiedono tempi lunghi e strumenti finanziari complessi; per questo trovo insoddisfacente “il dubbio” odierno di Piero Ostellino, sempre sul Corriere (il link non c’è, mi dispiace). Visto che, pochi giorni fa, aveva invitato i giornalisti a non prendere per i fondelli i lettori, avrebbe dovuto seguire il suo stesso suggerimento e non affermare che la cessione di beni quali spiagge e altri immobili costituisce un realistico strumento per ridurre il debito pubblico italiano in tempi e in dimensioni tali da rendere meno assillante la necessità di rifinanziarlo per 200 miliardi da qui alla fine di Aprile del 2012.
Mala stampa.
Avrebbe fatto meglio a leggersi un articolo di qualche settimana fa di Sergio Rizzo (http://www.corriere.it/politica/11_ottobre_01/patrimonio-statale-venduto-parole-rizzo_49c61190-ebf8-11e0-827e-79dc6d433e6d.shtml).
Buona stampa.

venerdì 18 novembre 2011

Un oceano ci separa

Sul Corriere della Sera di oggi (http://www.corriere.it/politica/11_novembre_18/trasparenza-pubblicare-redditi-rizzo_c6a43550-11b1-11e1-8aad-a8a00236e6db.shtml) Sergio Rizzo esorta i nuovi ministri a sgombrare il campo dal rischio di conflitti di interesse dando informazioni riguardo al loro patrimonio e alle loro relazioni professionali. Una richiesta del tutto condivisibile, proveniente da un giornalista che da anni, con Gian Antonio Stella, ma anche da solo, tiene sotto pressione la Casta.
Buona stampa.
Rizzo e Stella sono due fantastici mastini e possiamo soltanto essere loro grati, tuttavia, per capire quale sia, in altri paesi, la considerazione delle questioni etiche in politica, vi suggerisco di leggere questo pezzo (http://www.thedailybeast.com/articles/2011/11/15/ethically-challenged-congress-needs-law-or-code-banning-insider-trading.html), nel quale si invocano norme che impediscano ai membri dei due rami del parlamento americano di trarre vantaggi finanziari dalle informazioni acquisite grazie alla loro posizione. La "bestia", che è un importante organo di informazione web americano (http://it.wikipedia.org/wiki/The_Daily_Beast) morde persino più in profondità dei nostri mastini.
Buona stampa.

giovedì 17 novembre 2011

Disperdere la nebbia


La nebbia è il fenomeno meteorologico per il quale una nube si forma a contatto con il suolo. È costituita da goccioline di acqua liquida o cristalli di ghiaccio sospesi in aria (http://it.wikipedia.org/wiki/Nebbia).
E’ il sole, scaldando l’aria, a eliminare l’acqua o il ghiaccio e a disperdere la nebbia.
Roberto D’Alimonte, sul Sole 24Ore di oggi (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-16/governo-tecnico-servira-varare-225050.shtml?uuid=Aa6LnCME), piazza una lama di sole molto calda e fa svanire la foschia densa che alcuni hanno cercato di addensare sulla liceità della nascita del Governo Monti.
Buona stampa.

Una giornata di nebbia


mercoledì 16 novembre 2011

Interessi privati


Oggi sul sito di Libero è apparso un articolo che mi sembra meritare una riflessione (il link: http://www.libero-news.it/news/869894/L-interesse-privato-del-premier-Soldi-pubblici-alla-Bocconi.html). L’espressione “interesse privato” farebbe pensare che il nuovo Presidente del Consiglio abbia tratto un vantaggio personale dal comportamento descritto nell’articolo, leggendo il quale si capisce, invece, che Monti, in qualità di Rettore della Bocconi, ha svolto attività di lobbying al fine di ottenere finanziamenti pubblici per alcune università private italiane, tra le quali quella di cui era in quel periodo alla guida. Quanto vi sia di “privato” in questo, onestamente, non capisco. Andiamo sul sito della FIEG, la Federazione Italiana Editori Giornali, (http://www.fieg.it/index.asp?home=0), associazione di categoria alla quale appartiene anche la società editrice di Libero, e troviamo una ricca collezione di comunicati stampa in cui gli organi della FIEG difendono i contributi pubblici alle aziende del settore. Anche il Presidente e il Direttore di FIEG perseguono “interessi privati”? Se lo sono, sono anche gli “interessi privati” di Libero. In realtà, stanno semplicemente facendo il loro lavoro di “lobbisti”. Nel 1991, anno cui si riferiscono i fatti descritti nell’articolo di Libero, il Professor Monti era Rettore della Bocconi, non aveva incarichi pubblici, nel sollecitare i finanziamenti alle università private e nel seguire, magari anche in modo pressante, il processo di promulgazione degli stessi non faceva altro che svolgere uno dei suoi compiti istituzionali, senza aver altro tornaconto “privato” che quello di garantire il futuro delle università private, tra le quali, certamente, c’era quella nella quale lui lavorava insieme a centinaia di altri docenti e nella quale studiavano migliaia di giovani determinati a ottenere una formazione adeguata a soddisfare le loro ambizioni lavorative. 
Difficile capire le ragioni che hanno indotto Belpietro a pubblicare l’articolo di Fosca Bincher di cui ho parlato. Non vorrei che stesse cercando di mettere il cappello del centrodestra sul Governo Monti, marcando una presunta continuità tra il nuovo Presidente del Consiglio e il suo predecessore, che, come si può scoprire leggendo gli articoli dei giornali stranieri dei giorni scorsi, di “interessi privati” ne ha coltivati più di uno, soprattutto quando era in carica, ossia quando avrebbe dovuto preoccuparsi degli “interessi pubblici”. Non mi pare una grande idea, direttore Belpietro.
Mala stampa.

Consiglieri diplomatici

Sull'inefficienza della pubblica amministrazione italiana si è detto e si è scritto anche troppo, tuttavia non sembra che ciò abbia portato a grandi risultati. Una causa di inefficienza, magari meno grave di altre, ma neppure trascurabile, è il fatto che persone assunte per svolgere un determinato compito ne svolgano un altro completamente diverso, cosicchè gli organici crescono per coprire un ruolo rimasto scoperto. Se avete voglia di divertirvi, cliccate su questo link al sito del Ministero degli Esteri http://www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/ElencoCons.htm. Cosa dite, vi viene voglia di fare richiesta? Effettivamente sembra che un consigliere diplomatico non si neghi a nessuno... Scherzi a parte, è ovvio che il Presidente della Repubblica debba avere un consigliere diplomatico, un po' meno che sia indispensabile al Comune di Roma o alla Regione Lombardia, soprattutto se, com'è possibile ipotizzare, questi funzionari del Ministero degli Esteri, per compiere l'attività di consigliere, cessano di espletare le mansioni che svolgevano nel ministero stesso e che saranno svolte da altri, con un aggravio di costi. Piccola cosa, certo, ma forse anche qui si può trovare lo spazio per qualche risparmio.