sabato 31 agosto 2013

Un gran brutto vespaio


Stendiamo un pietoso velo sulle vicende italiane, caratterizzate dal muscolare confronto tra il tizio decrepito e la folta servitù biliosa da una parte e i molluschi del Pd (copyright Gramellini) dall’altra. E non dimentichiamo la corona di capelli più ordinata delle (poche e balzane) idee sottostanti: lo psiconano+barba-Mediaset, non sapendo più come attirare l’attenzione sulla sua dannosa presenza nella politica nazionale, ha deciso di prendersela con i prosciutti e il parmigiano, usati stupidamente come arma contro l’inceneritore di Parma. Un contributo senz’altro prezioso al futuro di questo povero paese agonizzante, attorno al quale non si vede traccia di autentici e ragionevoli seguaci di Ippocrate, mentre si sprecano decerebrati Dottor Morte, gente che si preoccupa solo dei propri interessi, ben lontana dall'idea di prendersi cura seriamente di quelli degli italiani, in particolare dei più giovani.
Veniamo alla questione siriana, che sta mettendo in luce contraddizioni profonde tra le nazioni occidentali e anche nelle singole nazioni, come dimostra il caso del voto del Parlamento inglese.
E’ una questione sulla quale è molto difficile avere una posizione ferma, senza incertezze, è facile, invece, provare molti dubbi; il passare dei giorni, lungi dal fare chiarezza, accentua le perplessità. Questo, almeno, è quel che penso io, per il poco che conta.
Gli articoli in materia si sprecano, sia nei quotidiani italiani sia in quelli stranieri. E anche questo non aiuta a formarsi un’opinione decisa, perché si leggono argomentazioni convincenti sia da parte dei sostenitori dell’intervento occidentale per punire il regime di Assad sia da parte di chi questo intervento giudica inopportuno.
Oggi ho letto due pezzi che ben rappresentano questo complicato stato di cose. Si tratta dell’editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_31/fraglta-potenze_b64a9ffe-11f6-11e3-a57a-42cc40af828f.shtml) e quello, non firmato, del Financial Times di ieri (http://www.ft.com/intl/cms/s/0/896db8b2-1166-11e3-a14c-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz2dNRd7izT).
Buona stampa, per entrambi.
Non ho davvero certezze, anche se ammetto di propendere per le tesi espresse da Panebianco. Abbiamo davanti agli occhi la realtà di paesi nei quali, lungi dall’esportare la democrazia e la stabilità, abbiamo risvegliato odi tribali e religiosi profondi, abbiamo generato situazioni di caos e di precarietà all’origine di nuove ondate di profughi disperati, abbiamo creato il brodo di cultura di movimenti terroristici favoriti dalla spregiudicata azione di paesi interessati a mantenere o accrescere il proprio ruolo di potenza regionale, senza preoccuparsi delle conseguenze per le popolazioni.
Basta leggere questo articolo di Claudio Gallo, pubblicato da La Stampa qualche giorno fa, che descrive l’agire del capo dei servizi di sicurezza sauditi: http://www.lastampa.it/2013/08/27/esteri/bandar-il-principe-saudita-che-tesse-la-tela-antiassad-rj3gNacKRuxyzCJUG9LEcP/pagina.html.
Buona stampa. Con gente simile all’opera, temo che punire Assad, alla fine, si dimostrerà una scelta controproducente.
Mi sembra necessario chiudere con un raggio di luce che rischiari il buio attorno a noi. E non è difficile ricorrere all’odierno Buongiorno di Gramellini: http://www.lastampa.it/2013/08/31/cultura/opinioni/buongiorno/ritorno-a-casa-SE1UdWEZhDovaOd85gFJsL/pagina.html.
Buona stampa. E, già che ci sono, do spazio alla canzone degli U2 citata nel pezzo. Anche se non è il mio genere, mi pare giusto chiudere con The Unforgettable Fire.


domenica 25 agosto 2013

Lo "statista" smascarato


Il fatto del giorno, ça va sans dire, è la riunione della servitù a casa del padrone svoltasi ieri.
Cronaca. E navigando qua e là ne troverete in abbondanza. In realtà, magari sbaglio, leggere questi resoconti importa poco. Il problema non è sapere cosa ha detto quel valletto o quella servetta. Il problema è capire cosa ha in testa il tizio decrepito e fino a che punto vorrà anteporre, per l’ennesima volta, agli interessi degli italiani i suoi. E a nulla servono gli editoriali come quello di Pierluigi Battista sul Corriere di oggi (http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_25/la-corda-si-sta-spezzando-battista_6190dc12-0d4b-11e3-a0ce-befba0269146.shtml).
Stampa così e così. Perché sostanzialmente inutile, destinata a restare lettera morta. C’è forse qualcuno pronto a illudersi che le parole di Battista riescano a incrinare la smisurata considerazione di sé e delle proprie faccende personali di cui Berlusconi ha dato prova nei vent’anni di presenza sulla scena politica italiana?
E poi, francamente, mi sarei aspettato che, a questo punto, quello che si ritiene il più autorevole quotidiano italiano si schierasse con maggiore coraggio, con maggiore fermezza e, magari, con la voce forte e chiara del suo Direttore. Mi dispiace e mi stupisce (non tanto, per la verità) che De Bortoli abbia ritenuto di non farsi sentire.
Non mi stupisce, invece, leggere il commento di Scalfari su Repubblica. Le posizioni del quotidiano di Carlo De Benedetti sono note e, uno dei miei tre lettori mi perdonerà per quello che sto per scrivere, sono le opinioni di un giornale di partito, non di un quotidiano indipendente. Questo il link all’editoriale di Scalfari: http://www.repubblica.it/politica/2013/08/25/news/silvio_il_rais_che_porta_al_disastro_il_paese-65245675/?ref=HREA-1.
Stampa così e così. Dice cose in parte condivisibili, ma traspare sempre quella nota faziosa e astiosa che, sbaglierò, non dovrebbe trovarsi nei commenti di un quotidiano indipendente.
Se devo proprio confidarvi la mia preferenza, oggi mi piace pagina 11 del Sole 24 Ore, che ospita un pezzo di Roberto D’Alimonte molto chiaro sui collegamenti tra quadro politico e decisioni in materia di legge elettorale e altri articoli che aiutano a riflettere, non forniscono opinioni da sposare senza riserve. Purtroppo nessuno di questi, al momento, è disponibile nella versione on line.
Buona stampa.
Vi toccherà comperare l'edizione cartacea, il che, lo dico senza incertezze, non sarebbe poi una cattiva idea. Nell’abitudine a leggere gratuitamente i quotidiani si annida un serio pericolo per la qualità della stampa. Un pericolo tanto più grave in un paese come il nostro, dove esiste un serio problema di concentrazione del mercato dell'informazione. Un problema che, chissà perché?, negli ultimi vent’anni si è aggravato.
Adesso vi propongo un brano musicale per darvi un po’ di sollievo. E’ un piccolo estratto da un album di cui abbiamo già parlato, Shadows and Light di Joni Mitchell. Il pezzo che vi propongo è l’assolo di Pat Metheny. La qualità video è molto modesta, ma quella musicale è eccellente.


Fatto questo, posso andarmene fuori.

venerdì 23 agosto 2013

Arrivo tardi, ma non troppo


Quando si dice fare male il proprio lavoro… Pubblicato l’ultimo post, tornando a riflettere sulle vicende del tizio decrepito e sulle considerazioni di Gramellini, ho deciso di cercare i dati relativi al massimo successo elettorale di Berlusconi. Anziché, come sarebbe stato logico, cercarli sul sito del Ministero degli Interni, ho inserito queste parole nella finestra di ricerca di Google: ”massimo numero di voti di Berlusconi”. Bene, il primo collegamento offerto dal motore di ricerca è questo: http://www.massimofini.it/articoli/berlusconi-e-l-assioma-dell-innocenza-assoluta.
Buona stampa, anzi di più. Si tratta di un blog, ma Massimo Fini è anche un giornalista, quindi merita il voto, eccome. Ha scritto una pagina formidabile. Grazie a lui e ai misteriosi algoritmi di Google che mi hanno dato modo di leggerla.
Se io fossi bravo, però, avrei dovuto scoprirlo prima (il pezzo risale al 29 giugno, quindi precedente alla sentenza della Cassazione). Imperdonabile. O forse no. Copio e incollo il testo di Massimo Fini, così da dargli anche più evidenza. Di più non posso fare.
Berlusconi e l'assioma dell'innocenza assoluta
I seguaci di Berlusconi sostengono da sempre che le accuse della magistratura al Cavaliere sono basate su 'teoremi', su un 'accanimento giudiziario'. E non si rendono conto di essere assisi a loro volta su un teorema o, peggio ancora, su un assioma: l'innocenza a priori di Berlusconi. La differenza fra un teorema e un assioma è che il primo parte da una proposizione la cui verità deve essere dimostrata per via deduttiva sulla base di fatti, l'assioma non ha bisogno di fare questo faticoso percorso perchè è, per dirla con Plotino, una 'verità in sè', talmente evidente da non aver bisogno di essere dimostrata. E infatti l'assioma che Berlusconi è a priori innocente, vittima di un 'accanimento giudiziario', è indistruttibile perchè qualsiasi provvedimento giudiziario a lui sfavorevole invece di minarlo lo rafforza e lo riafferma. Contro questa logica, priva di ogni logica, è impossibile competere.
Un altro antico mantra dei berluscones è che un uomo politico che ha ricevuto milioni di voti «non puo' essere eliminato per via giudiziaria». Il senso di questa affermazione, ammesso che ce l'abbia, qual'è? Che chi è stato eletto con un certo numero di voti è, per questo, autorizzato a commettere reati? Che Berlusconi, se li salta il ticchio, puo' strangolare Veronica perchè ha il consenso popolare? E che livello di consenso bisogna raggiungere per godere di questa particolare immunità non prevista da nessun codice? Ci vogliono nove milioni di voti o ne bastano quattro o due? (Tutti questi paralogismi, e altri, sono già stati trattati nel e 'Manuale del perfetto impunito' di Marco Travaglio, del 2000, che ha la mia prefazione. Lo dico non solo a beneficio di quei lettori del Fatto che mi guardano con grande sospetto, quasi fossi una canaglia destrorsa, ma per significare come dopo tre lustri nulla è cambiato).
Una 'new entry' nella galleria dei 'nonsense', sostenuta soprattutto da Fabrizio Chicchitto, è che la condanna a Berlusconi per quello che impropriamente viene chiamato il 'caso Ruby' (in realtà è un caso di concussione dove il reato di prostituzione minorile ha un'importanza minore, tant'è che il Tribunale di Milano lo ha valutato meritevole di un anno di carcere rispetto ai sei comminati per la 'concussione per costrizione') «mette a rischio la pacificazione nazionale». Il senso di questa affermazione è che il sostegno del Pdl al governo va barattato con una sanatoria dei reati commessi dal Cavaliere.
Credo che nessun Paese, democratico o non, civile o incivile, a una persona che ha sul groppone due condanne, una in primo grado e una in Appello, per una colossale e scientificamente organizzata evasione fiscale, una condanna per concussione e prostituzione di minore, che ha goduto di cinque prescrizioni (alla faccia dell'avvocato Ghedini oltre che di Bruno Vespa che sostengono che i processi del Cavaliere sono insolitamente rapidi), in due delle quali pero' la Cassazione ha accertato in via definitiva che i reati a lui ascritti Berlusconi li aveva effettivamente commessi anche se era scaduto il tempo per poterli sanzionare, che si trova nella singolare situazione di aver pagato 600 mila dollari all'avvocato Mills perchè rendesse falsa testimonianza in processi che lo riguardavano, Mills è stato condannato, ma il corruttore, cioè il Berlusca, no, mentre un altro suo avvocato, Cesare Previti (che a questo punto va considerato quasi una vittima) è stato pure condannato per aver corrotto il giudice Metta per avere una sentenza favorevole nel cosiddetto 'Lodo Mondadori', ma il mandante dell'operazione, cioè ancora il Berlusca, ha usufruito, a differenza di Previti, della prescrizione perchè la Cassazione gli ha riconosciuto con una singolare motivazione, le attenuanti poichè nel frattempo era diventato presidente del Consiglio (che avrebbe dovuto essere semmai un'aggravante), bene, a nessuna persona con questo straordinario curriculum, sarebbe concesso di determinare la politica nazionale. Pero' questa è l'Italia. Ma si', diamogli, come vuole Cicchitto, un salvacondotto. Per le Bermude. Possibilmente nel Triangolo delle.
Massimo Fini

Io sarò qualunquista, ma loro restano buffoni. Dannosi buffoni


Non avrei nessuna voglia di occuparmi di politica. La situazione mi sembra difficile da comprendere, torbida come una palude, e l'unico elemento certo è che i politici italiani continuano a preoccuparsi del proprio misero orticello. Solo il tizio decrepito si distingue, perché il suo orticello non è misero e perché ha grane piuttosto serie con la giustizia. Il verdetto della Cassazione, secondo me, è l’ultima delle sue preoccupazioni giudiziarie e, quindi, tanto vale prepararsi al peggio: lui, come dice, non molla e non mollerà, ha in ballo una posta troppo alta perché possa preoccuparsi degli italiani. Non l’ha fatto in passato, perché mai dovrebbe farlo oggi, mentre contempla la smisurata ampiezza del suo fallimento politico e, come di consueto, studia come scaricare sugli altri i propri errori e le proprie colpe?
Sul tema, e così celebriamo la "riapertura" della rubrica dopo le ferie, ecco il Buongiorno di Gramellini: http://www.lastampa.it/2013/08/23/cultura/opinioni/buongiorno/punto-e-non-a-capo-qXBMCkx48f3bR7YYD7g1xO/pagina.html.
Buona stampa.
Ho detto di non volermi occupare di politica. E, invece, me ne sono occupato e lo farò ancora per qualche riga, perché questo articolo non me lo posso far scappare: http://www.corriere.it/politica/13_agosto_23/massimo-letta-berlusconi-fatto-quotidiano_4c7a566a-0be2-11e3-b588-54889b555b59.shtml.
Buona stampa. Vedete qualche attenzione per i problemi reali del paese da parte dello Stalinuccio di Gallipoli? No, lui parla soltanto di chi occuperà questa o quella poltrona e di cosa deve fare Tizio e cosa Caio. Ossia continua nei suoi patetici giochetti di potere, disegna i castelli in aria che sono la sua specialità. D'Alema, però, su un punto ha ragione: lui e i colleghi che ha imposto alla guida del Pd sono bravissimi a perdere o, se si preferisce, a far vincere il tizio decrepito.
Quanto alla replica di Bondi, che dire? Lui sembra preoccupato esclusivamente di dare nuova prova di servilismo al padrone (di questi tempi dalle sue parti c'è grande competizione tra servette e lacchè, mai perdere un'occasione).
Di proposta politica, zero, da una parte come dall'altra.
Uno scambio di battute a distanza tra due falliti come D’Alema e Bondi è un divertimento impagabile, ma non lascia un buon sapore in bocca, tutt'altro.
Lasciamo perdere questi buffoni, poco importa che  abbiano baffi sottili o crani lucidi o capelli lunghi, folti e disordinati (meno delle idee sottostanti) o siano già imbalsamati e con il lucido da scarpe in testa. Non valgono nulla. Si preoccupano dei fatti loro e non sanno neppure da che parte iniziare a risolvere i problemi italiani.
Passiamo a gente che fa onore all’Italia e insegna a riflettere e a guardare la vita con intelligenza e con misura, e lo fa scrivendo con chiarezza e con eleganza, concedetemi un aggettivo, esemplari. Parlo di Claudio Magris, di cui non potete perdere questo articolo dal Corriere della Sera di oggi: http://www.corriere.it/cultura/13_agosto_23/solitudine-amore-iphone-magris_e5957ae4-0bd5-11e3-b588-54889b555b59.shtml.
Buona stampa. Anzi, molto di più. 

venerdì 16 agosto 2013

Se non scriveva era meglio


Ieri il Corriere della Sera ospitava un articolo di Vittorio “Joliet” Jake Blues Grilli.
Mi spiego, anche se voi tre avete già capito tutto.
Cominciamo da “Joliet” Jake Blues: qualcuno ricorderà un vecchio post in cui avevo inserito il collegamento a un fantastico estratto del film The Blues Brothers (questa è una versione migliore).


Repetita juvant, specialmente se divertenti come in questo caso.
Joliet” Jake Blues è, dunque, il nome del personaggio interpretato da John Belushi nel film americano del 1980. Potrebbe, tuttavia, essere il soprannome d’innumerevoli “importanti” italiani vissuti a cavallo tra il XX° e il XXI° secolo.
Uno di questi è Vittorio “Joliet” Jake Blues Grilli, che ha deciso di riemergere nel cuore dell’estate, scrivendo l’articolo cui ho accennato sopra. Guarda caso, non si riesce a trovarlo on line…
Io, però, sono piuttosto tignoso. In particolare con coloro i quali hanno cancellato, anzi, meglio, hanno strappato le pagine del vocabolario in cui sono spiegati lemmi come “responsabilità”, “autocritica”, ecc.
Ho fatto lavorare lo scanner, così da darvi modo di leggere:



Mala stampa.
Vittorio “Joliet” Jake Blues Grilli non è esattamente uno che, come me e come voi, negli ultimi vent’anni è rimasto estraneo alla gestione dei conti pubblici, ossia entrate e uscite. Lo sapete meglio di me, ma a ogni buon conto, potete rinfrescarvi la memoria qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Grilli.
Buona stampa.
E già, Vittorio “Joliet” Jake Blues Grilli non solo non è stato estraneo alla gestione dei conti pubblici (e quindi sulla spesa pubblica poteva incidere, eccome), ma, a quanto pare, ha subito anche il fascino del potere e della sua esibizione.
Io stesso, lo ammetto prima che mi venga giustamente ricordato, avevo difeso il suo ruolo (quando Berlusconi e Tremonti tergiversavano riguardo alla nomina del Governatore di Banca d’Italia al posto di Mario Draghi) e avevo indicato la necessità di mantenerlo alla Direzione Generale del Tesoro, ma riconosco di aver sbagliato.
Fatta ammenda, credo che Vittorio Grilli farebbe bene a starsene abbastanza zitto. Soprattutto perché, oltre a indicare l'origine della resistenza ai tagli alla spesa, non dice molto altro, salvo invocare un livello di integrazione europea che appare piuttosto irrealistico... Interrompe le vacanze per parlarci del libro dei sogni... Di ben altro abbiamo bisogno.

mercoledì 14 agosto 2013

Il nostro Maelstrom


La nota del Quirinale di ieri, per quanto formalmente impeccabile, celebra, a mio modesto avviso, la sepoltura della ragionevolezza in questo sventurato paese, costretto a sacrificare ancora una volta alcuni valori fondamentali sull’altare degli interessi personali del tizio decrepito.
Considero intollerabile e vergognoso che un Presidente della Repubblica sia costretto a scrivere un testo come quello di Napolitano che tutti i quotidiani oggi riportano.
Il contenuto di quelle due pagine è noto non solo a chi abbia superato un esame universitario di Diritto Pubblico, ma anche a chi, quando ancora (credo) veniva insegnata nelle scuole medie, abbia avuto la fortuna di ascoltare qualche lezione della compianta Educazione Civica.
Stiamo scivolando ben oltre il margine di un Maelstrom assai più spaventoso di quello descritto da Edgar Allan Poe.
I geometri del Partito dei Lacchè si dannano per certificare la “agibilità politica” (chiedo perdono a Dante, Leopardi, Manzoni, ecc. per quest’affronto alla lingua che loro hanno innalzato ai vertici della cultura mondiale) del loro padrone, immagino preoccupati che la sentenza della Corte di Cassazione possa impedirgli di proseguire a promettere rivoluzioni liberali e riforme di questo e quello senza realizzare alcunché, come ha fatto da quando (altro irrimediabile torto alla nostra lingua) ha deciso di “scendere in campo”. O, più plausibile, preoccupati di perdere la sorgente del loro potere, della loro notorietà, della loro prosperità condita di privilegi.
E ce n’è anche per i sedicenti avversari del tizio decrepito, perché anche per loro il suo allontanamento dalla politica comporterebbe l’obbligo di affrontare seriamente i problemi del paese e, possibilmente, risolverli, sacrificando potere e prebende. Cosa che, quando hanno avuto modo di fare, guarda un po’!, pure loro hanno mancato di fare, perdendosi in beghe da servette esattamente come accade tutt’ora.
E mi dispiace che il Corriere della Sera e Antonio Polito si siano resi complici di questo ennesimo oltraggio agli italiani con l’editoriale odierno, anch’esso formalmente impeccabile, ma per ciò stesso più insopportabile: http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_14/una-via-ragionevole-antonio-polito_c4e81992-049a-11e3-a76b-5d1a59729335.shtml.
Mala stampa.
Viene da chiedersi perché mai Ferruccio De Bortoli abbia scritto questo editoriale alcuni mesi fa (6 dicembre 2012), che vi ho segnalato a suo tempo: http://www.corriere.it/editoriali/12_dicembre_06/debortoli-zattera-medusa_980e814c-3f6d-11e2-823e-1add3ba819e8.shtml.
Evidentemente se n’è dimenticato.
Sono passati otto mesi da allora: ci sono state le elezioni, la lunga farsa bersaniana, la conferma di Napolitano nel modo che sappiamo, la dimostrazione del velleitarismo offensivo e surreale del movimento dello Psiconano+barba-Mediaset e tanto altro che ben conoscete. E ancora oggi ci si perde in un labirinto di follia istituzionale che ci rende sempre più ridicoli agli occhi del mondo. E la colpa è sì del tizio decrepito, ma non soltanto sua.
L’ho scritto già nei mesi scorsi, ma non so evitare di ripetermi (perdonatemi, se potete): abbiamo bisogno di ben altro. Da parte di tutta la classe dirigente italiana, ammesso ci sia e possieda i requisiti necessari. Il che, temo, non è.
Buona notte e buona fortuna.

domenica 11 agosto 2013

Numeri fuori controllo


Buona stampa. Anche se faccio fatica a immaginare che le sue esortazioni trovino orecchie pronte ad ascoltare e menti pronte a porle in essere. Ammesso e non concesso che ci sia una ripresa (e Deaglio spiega bene che cosa, tecnicamente, si può considerare una ripresa), con la classe dirigente che ci ritroviamo si fatica a non temere il peggio, ossia che si faccia l’esatto contrario di ciò che andrebbe fatto: approfittare dell’inversione del ciclo economico per porre in essere le riforme di cui abbiamo grande bisogno da tempo e che, essendo mancate, hanno esasperato le conseguenze della crisi sul nostro tessuto economico e sociale.
La stessa sorte, ossia quella di restare inascoltate, temo subiranno le considerazioni svolte da Gian Antonio Stella in un articolo apparso ieri sul Corriere della Sera: http://archiviostorico.corriere.it/2013/agosto/10/Ridiscutiamo_Diritti_tra_Generazioni_solidarieta_co_0_20130810_39d1f838-017e-11e3-ae0c-005a4b618eb7.shtml.
Buona stampa. Stella mette il dito nella piaga dei “diritti acquisiti”, la foglia di fico dietro la quale si nascondono coloro i quali non intendono metter mano ad alcuni dei cambiamenti indispensabili per risanare in profondità il nostro paese.
Aggiungerei un altro formidabile diritto acquisito, oltre a quello all’uguaglianza richiamato, correttamente, da Stella. Esiste anche il diritto acquisito ad avere uno Stato che non impone ai cittadini quello che evita alle proprie emanazioni, siano esse organi elettivi o pubblici dipendenti. In altre parole, è ora di spazzare via sul serio tutta l’orgia di privilegi con cui s’ingozzano parlamentari, consiglieri regionali, capi della polizia, generali, manager di aziende pubbliche, consiglieri di stato, dirigenti di ministeri, ecc.
E per cortesia non si dica che chiedere questo è qualunquismo. E’ semplice buonsenso. Oltre a non poterci permettere di pagare pensioni spropositate (quella da 90.000 euro/mese è solo la punta dell’iceberg e, per certi aspetti, meno scandalosa di altre), non ci possiamo permettere neppure di retribuire funzionari pubblici più di quanto sono retribuiti capi di stato e di governo di paesi ben più ricchi del nostro. E non parliamo dei confronti diretti a parità d’incarico. Provate, ad esempio, a comparare gli stipendi dei nostri alti ufficiali con quelli degli omologhi americani. La paga base del Generale Odierno, attuale capo di stato maggiore dell’esercito americano è di 232.000 dollari l’anno (http://en.wikipedia.org/wiki/Chief_of_Staff_of_the_United_States_Army), ossia, al cambio attuale, poco meno di 178.000 euro, che sarebbe come dire parecchio meno della metà di quanto percepiva sino allo scorso anno il suo omologo italiano (http://italia.panorama.it/Scure-sulle-retribuzioni-dei-manager-pubblici-piu-pagati-LA-LISTA). Poi è venuto il decreto Salva Italia del Governo Monti che intendeva porre un tetto alle retribuzioni pubbliche. Il taglio ha interessato soltanto alcuni dei destinatari del provvedimento, altri, come confermano le cronache degli ultimi giorni, non hanno perso neppure un centesimo. E, in ogni caso, non è che il tetto di 290.000 euro mi sembri adeguato, visto che, per esempio, tornando al capo di stato maggiore dell’esercito, quello italiano può, comunque, vantare oltre centomila euro di vantaggio sull’omologo americano, il cui compito, credo, comporta responsabilità, valutate in numeri, ben diverse (parliamo di numero dei soldati comandati, degli armamenti e delle apparecchiature amministrati e, infine, dei fondi da gestire).
No, non ci siamo proprio. Anche perché è la logica sostanziale che è assurda: gli stipendi pubblici, compresi quelli di parlamentari e consiglieri regionali, è parametrata a quella dei magistrati. Certo, qualche ritocchino l’hanno fatto e, forse, lo faranno anche in futuro, ma c’è bisogno di ben altro: bisogna uscire da questo meccanismo perverso in cui politici e burocrati sono alleati nel garantirsi gli uni agli altri le retribuzioni che vogliono. Un meccanismo perverso che è peggiorato con il deterioramento della classe politica: tanto maggiore l’incompetenza degli uomini e delle donne ministri o sottosegretari, tanto maggiore il potere che i funzionari pubblici possono esercitare nei loro confronti, incluso quello di pretendere stipendi sempre più alti cui i politici non sono in grado di opporsi perché non sanno neppure da che parte si comincia ad amministrare la cosa pubblica e a controllare l’operato dei burocrati, come dovrebbero fare ministri o sottosegretari.
Difficile, molto difficile che si riesca a venirne fuori. Anche perché, quando su questi temi sono chiamati a pronunciarsi i giudici della Cassazione o della Corte Costituzionale, possiamo star sicuri che fanno tutto fuorché inimicarsi i colleghi dipendenti pubblici.
Prima di passare oltre, una precisazione: quando critico gli stipendi dei dipendenti pubblici, non includo quelli di professori, poliziotti, carabinieri e impiegati comunali. Non è lì che si genera lo spreco. Anzi. Lì si tolgono risorse per pagare gli stipendi faraonici dei piani alti. E si abbassa la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Credo di essere stato chiaro.
Di che cosa parliamo adesso? Di musica, ovviamente, perché di politica ne abbiamo abbastanza tutti e quattro.
E faccio ammenda, perché in quasi due anni di vita del blog, mi rendo conto di aver molto trascurato i musicisti italiani, che pure non hanno nulla da invidiare a nessuno, in nessun genere.
Cominciamo con un ascolto che mette insieme due mondi. Enrico Rava, straordinario trombettista jazz, uno dei più apprezzati a livello mondiale, ha spesso percorso sentieri inconsueti e innovativi. E’ stato tra i primi a rivisitare le arie d’opera, per esempio. O alcune delle più belle canzoni dei nostri cantautori, come Lucio Battisti. Ecco, dunque, E penso a te, tratto dal CD What a Day, poco conosciuto e poco reperibile. Molto bello il contributo alla chitarra di Riccardo Bianchi.


E, già che ci siamo, proseguiamo senza allontanarci troppo, anzi. Ecco un altro eccellente trombettista italiano, Paolo Fresu, alle prese con uno dei brani più famosi di Mia Martini, Almeno tu nell’universo, tratto dall’album Rosso, Verde, Giallo e Blu.


Infine, visto che magari per Ferragosto me ne vado a spasso, spariamo un altro fuoco d’artificio: Dulce Pontes che canta Ennio Morricone. Il brano è Your Love, dalla colonna sonora del meraviglioso C’era una volta in America di Sergio Leone.


domenica 4 agosto 2013

Un quotidiano comunista inglese


Ci sono giorni, oggi è uno di questi, nei quali vorrei svegliarmi in un paese in cui il rispetto per la propria cultura, la propria storia e il proprio futuro non fosse ormai quasi completamente dissolto.
La conferma, da parte della Cassazione, della condanna per frode fiscale inflitta al tizio decrepito ha, prevedibilmente, ma non comprensibilmente, scatenato reazioni a dir poco scomposte, desolante conferma di come la classe politica italiana sia incapace di misurarsi con la realtà dei problemi e si dedichi (e su questi si combatta aspramente) a temi che nulla importano agli italiani e nulla hanno a che vedere con i loro bisogni e le loro aspirazioni.
Che poi, in questo frangente, emergano con particolare gravità le implicazioni della natura del partito del tizio decrepito non stupisce.
E sui giornali si torna a parlare di un “cerchio magico”, alludendo all’entourage del padrone del Pdl, a quel nucleo di personaggi che vivono per compiacerlo. E, non credo di essere il solo, a leggere di questo cerchio magico, torno a pensare al primo di cui si è occupata la stampa e mi verrebbe da mettere le mani nei capelli (ah, se li avessi…) pensando a come si formano questi gruppi di fedeli servitori, selezionati in base non già alle capacità, ma alla totale e cieca devozione, ricompensata con l’indifferenza anche per la disinvoltura morale di molti tra loro.
Nelle note affidate alle agenzie e nelle confidenze ai quotidiani si sprecano le difese del capo, in una sorta di ridicola gara a chi la spara più grossa per attirare l’attenzione su di sé e per conquistare qualche briciola di apprezzamento da parte del tizio decrepito.
A riguardo, ammetto di essere sollevato nel vedere che Bondi, finalmente, ha parlato e l’ha fatto come gli compete, ossia con saggezza, senso critico, prudenza, rispetto per le istituzioni, virtù che gli sono ampiamente riconosciute, non diversamente dall’eccellenza nel poetare e nell’amministrare i beni culturali italiani.
Naturalmente si scherza: Bondi è una figura così patetica nel suo ardore servile da stimolare soltanto umana pietà. Certo, in un paese nel quale la classe politica si forma diversamente da come accade in Italia, per uno come lui non si sarebbero mai aperte le porte del Parlamento e, men che meno, quelle di un ufficio di Ministro. Lasciamo perdere.
Veniamo alla stampa. Quasi tutti i direttori dei principali quotidiani italiani si sono occupati della situazione creata dalla sentenza della Cassazione e dalle reazioni del tizio decrepito e dei suoi valletti. Lo hanno fatto, per citare tre degni di attenzione, De Bortoli sul Corriere (http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_03/prima-di-tutto-paese-de-bortoli_8556ccf8-fbfb-11e2-a7f2-259c2a3938e8.shtml), Calabresi su La Stampa (http://www.lastampa.it/2013/08/04/cultura/opinioni/editoriali/labbaglio-dello-scontro-totale-H9iaDME9cF4Q0bzGMQ1HpM/pagina.html) e Roberto Napoletano sul 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-08-04/malattia-italiana-massimo-governo-081221.shtml?uuid=AbLHy9JI&fromSearch).
Buona stampa. Anche se la mia preferenza va alla sintesi di Calabresi, che non lascia spazio a qualche nota di ambiguità che traspare negli articoli dei colleghi, forse un po’ preoccupati di apparire schierati.
Il problema è che, anche tra le nostre migliori firme, si è andato diffondendo il virus che sta devastando la nostra classe dirigente, rendendola incapace di assumersi sino in fondo le proprie responsabilità e di guardare la realtà in faccia e di agire senza preoccuparsi, scusate la brutalità, di salvarsi le chiappe.
Anche altrove, ho già avuto modo di sottolinearlo, la classe dirigente si è screditata. Da noi, però, il fenomeno ha superato da tempo il livello di tolleranza. E sta facendo pagare un prezzo insopportabile alla popolazione. Anche in termini di rispetto.
Buona stampa.
E, giusto per tornare alla valutazione della sentenza della Cassazione, andiamo oltre il titolo dell’articolo del Financial Times citato anche da Severgnini. Lo potete leggere qui: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/88151c2a-fb78-11e2-a641-00144feabdc0.html#axzz2awfjCAfu.
Buona stampa. Dove si legge quello che sarebbe stato bello leggere anche nei giornali italiani. Perché non si può fingere di non vedere quel che è successo in questi vent’anni e non si può continuare nel “cerchiobottismo” che contraddistingue anche alcuni dei nostri migliori quotidiani.
I difetti dello schieramento opposto al Pdl, e gli errori dei suoi (sedicenti) leader, non sono un buon motivo per rifiutarsi di valutare la presenza in politica del tizio decrepito come fa il Financial Times.

giovedì 1 agosto 2013

Non è questo che ci preoccupa


A posteriori, va dato atto a Stefano Folli di aver intuito la possibile scelta della Corte di Cassazione e di aver individuato il nocciolo del problema. Nel suo Punto di oggi (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-08-01/sentenza-alibi-081632.shtml?uuid=AbBA0JJI), infatti, Folli aveva previsto una sentenza, direi tipicamente all’italiana, che avrebbe tentato di limitare i danni politici.
Buona stampa. E non solo per la capacità di anticipare l’esito del dibattimento in Cassazione.
Prima riflessione, che è, in realtà, una domanda: un giornalista, pur esperto e perspicace come Folli, avrebbe potuto, in un altro paese, ipotizzare con tanta precisione quale sarebbe stata la decisione della Corte chiamata a decidere in un caso complicato come quello che interessava il tizio decrepito? Io ne dubito. Io penso che, in un altro paese, un articolo come quello odierno di Folli non sarebbe mai stato scritto. Io penso che, una volta di più, si dimostra che il nostro sistema giudiziario, con buona pace del Consiglio Superiore della Magistratura e del suo Presidente, ha relazioni troppo strette con la politica e con gli organi di stampa per potersi considerare indipendente.
Seconda riflessione: delle vicende del tizio decrepito ne abbiamo avuto abbastanza e sarebbe ora che la classe politica (ammesso che esista ancora un’entità degna di questo nome) si preoccupasse del disperato bisogno di riforme dell’Italia. E qui Folli, ancora una volta, merita approvazione. Il fine ultimo del suo articolo è proprio richiamare, direi quasi con angoscia, la classe dirigente al senso di responsabilità. Ho paura, tuttavia, che Folli sia come Giovanni Battista…
Cito a caso eventi degli ultimi giorni che dimostrano quanto sia profondo il distacco dalla realtà di chi dovrebbe agire per dare un futuro decente al nostro Paese: vertenza Fincantieri a Marghera; emendamenti che mandano liberi i colpevoli di stalking; norme che pongono a carico delle imprese (anche quelle più piccole) nuovi, assurdi obblighi burocratici; incapacità di varare una nuova legge elettorale. Mi fermo qui, per la vostra e la mia salute…
Sa il cielo quanto vorrei che l’appello di Folli fosse accolto. Sapete benissimo quanto poco ci speri.
Buona notte e buona fortuna.